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Mario Ferruccio Belli - Come iniziò il turismo sulle Dolomiti

La testimonianza di una "Lady" dell'ottocento.

Nel 1873 a Londra usci il libro "Mezza estate vagabondando per le Dolomiti", che raccontava le avventure di viaggio della eccentrica turista inglese Lady Amelia B. Edwards.

Come e quando cominciò il turismo nelle Dolomiti? Di che nazionalità furono e che strade seguirono? Chi li guidava, cosa facevano, dove si fermavano, che impressioni riportavano delle nostre povere popolazioni?

A tutti questi quesiti è stata data risposta infinite volte. Ed ogni risposta era diversa dall'altra a seconda dell'angolazione con cui veniva presa. Sulla scorta di un rarissimo libro uscito a Londra nel 1873 (quasi cento anni or sono) noi prospettiamo oggi una risposta in buona parte nuova. E certamente inedita.

Lady Amelia B. Edwards, autrice del libro che ha per titolo “Mezza estate vagabondando per le Dolomiti”, era molto ricca. Senza preoccupazioni di carattere economico né familiare. A quanto si deduce, doveva essere più vicina allo zitellaggio che alla giovinezza. La sua principale occupazione era di girare il mondo. L'idea di venire su tra queste montagne le venne per caso, leggendo gli appunti alpinistici di J. Ball, che da poco aveva scalato alcuni dei nostri tremila, fra cui il Pelmo. Lady Edwards si trovava allora sul Lago Maggiore, luogo da tempo immemorabile frequentato dal turismo internazionale, in compagnia di una sua amica e del di lei fratello, pastore protestante.

Le Dolomiti apparvero a questi ricchi signori dal racconto di J. Ball come a noi, oggi, possono apparire le remote regioni del Nepal, oppure qualche inaccessibile vallata delle foreste amazzoniche. Luoghi misteriosi nei quali tutto è possibile, e tutto manca.

Scrive Lady Amelia che discussero a lungo se venirci o meno. Il reverendo John R. tentò invano, di prospettare alle due donne i pericoli e i disagi cui potevano andare incontro. La volontà delle indomabili zitelle ebbe il sopravvento. Presero la diligenza e si portarono a Milano; di lì, con il treno, raggiunsero Venezia, dove alloggiarono all'hotel Danieli. Assieme al personale di quell'albergo predisposero la spedizione nella “misteriosa” regione dolomitica.

Un buon capitolo del libro è dedicato a coloro (Lady Amelia suppone senz'altro numerosi) che vorranno imitarla, visitando le montagne azzurre in fondo alla pianura veneta:

Passammo il sabato e la domenica (a Venezia) nel fare acquisti nei negozi. Comperammo due capaci borse ed una bella quantità di tè, zucchero, biscotti in scatola, gallette, cioccolata, estratti di brodo Liebig, due bottiglie di cognac, quattro di marsala, pepe, sale, cannella, una bella fiasca di metallo piena di alcool ed infine un pacco di disinfettante.

Così rifornite pensammo che avremmo potuto affrontare qualunque necessità; quanto a latte, uova, pane pensammo ,che ne avremmo certamente trovato anche lassù...

Le due zitelle ovviamente non nutrivano soverchia fiducia nel grado di civiltà delle nostre popolazioni. Peraltro gli concedevano la possibilità di mangiare pane, latte ed uova... Subito dopo, Lady Amelia descrive una seconda difficoltà. Preferiamo riportarla con le sue parole:

A questo punto si presentò la questione della sella da donna. Il reverendo John R. ci aveva consigliato di comperarcene una ciascuno a Venezia, perché, affermò, non ne avremmo trovato nessuna in tutte le Dolomiti. Altri amici, invece, ci avevano garantito che ne avremmo trovato una a Caprile, e dove ce ne era una, noi sperammo che ce ne fosse almeno una seconda di ricambio. Così, anche per non appesantire oltre il nostro bagaglio, decidemmo di partire fidando nella buona sorte. D'altro canto, ho il sospetto che sia più facile trovare una sella da donna a Calcutta che in tutta Venezia. Come gli eventi più tardi dimostrarono, noi ebbimo la fortuna di imbatterci nelle due uniche selle da donna presenti in tutte le Dolomiti...

A questo punto crediamo di aver dato al lettore una idea esatta di come vedessero le Dolomiti le due amabili inglesi. Una parola tuttavia bisogna spenderla per spiegare la storia delle “selle da donna”. Negli anni in cui Lady Amelia si accingeva ad esplorare le Dolomiti le strade erano le seguenti. Lo ricaviamo da una preziosa cartina pubblicata a Londra, proprio in quegli anni, da George Routledge & Sons, ed intestata “Mappa delle Dolomiti Centrali e del Sud Tirolo”. Le ferrovie giungono sino per Treviso a Montebelluna ed a Ceneda da Treviso.

Strade: carrozzabile è indicata soltanto quella di Alemagna. Da Belluno per Agordo-Caprile è indicata una strada non percorribile da carrozze.

Da Pieve fino ad Auronzo pure non carrozzabile; così la strada per il Comelico ed il passo di Monte Croce. Diviene invece carrozzabile la strada fra Auronzo e Dobbiaco attraverso Misurina (mistero che forse si spiega con le esigenze delle miniere argentifere). Non esiste traccia di strada fra Cortina ed il passo Tre Croci. Sull'opposto versante invece è indicato un sentiero (non carrozzabile) che attraversa il passo dei Tre Sassi (odierno Falzarego) e scende a Caprile.

In tutto l'Agordino non v'è traccia di strada carrozzabile, né tanto meno nelle valli Gardena, Fassa, Badia ecc.

Ciò premesso, e considerato che un servizio di carrozze o diligenze esisteva solo dove le strade erano carrozzabili, si comprende come per andare sulle altre strade occorresse andare a piedi oppure a cavallo.

Ecco perciò presentarsi per le due zitelle inglesi il problema di trovare una acconcia sella, che non compromettesse la loro femminilità, che possiamo supporre graziosa e notevole. Ecco appunto il problema della sella da un solo lato ovvero sella da donna...

Lo spazio ormai va riducendosi e non siamo ancora entrati nella provincia. Nella speranza di poter dedicare un altro articolo ad almeno parte del viaggio avventuroso di Lady Amelia, partiamo da Venezia in treno e le accompagniamo fino a Ceneda. È il primo luglio dell'anno 1872. Le signore inglesi sono le sole straniere in tutto il treno. A Ceneda si mettono in cerca di una carrozza e ne pattuiscono il nolo:

Dovevamo scegliere fra il prendere posto su una diligenza piuttosto sporca e con un conducente bilioso oppure noleggiare una decente carrozza con un paio di cavalli tarchiati di pelo grigio. Dopo una breve contrattazione ci accordammo con il vetturale per il nolo, ammontante a lire cento, circa quattro sterline inglesi. Per questa somma il conducente ci avrebbe portato quella sera fino a Longarone, ed il giorno seguente, a Cortina nella valle d'Ampezzo; una distanza complessiva in totale di circa settanta miglia inglesi.”

Le prime impressioni sulle nostre Dolomiti le signore inglesi le hanno sul passo di Fadalto, quando il vetturale improvvisamente giratosi dice alle donne: “Ecco i nostri Dolomiti”. (A quanto pare l'onesto vetturale non aveva dimestichezza con la lingua italiana né con la topografia). L'annuncio lasciò stupefatte le turiste inglesi che si aspettavano di vedere le Dolomiti solo durante il secondo giorno di viaggio. Chiesero perciò al conducente che monti fossero quelli che aveva indicato; ma il conducente, cosa abbastanza ovvia, non seppe dare una risposta. Probabilmente si trattava del gruppo del Monte Cavallo e, forse, in lontananza, del Duranno. Subito sotto il passo Fadalto videro una locanda. Lasciamo la parola a Lady Amelia:

A Santa Croce facemmo alt per circa mezz'ora davanti ad una locanda piccola e piuttosto sporca. Sulla facciata c'era scritta in lettere maiuscole -Qui si vende buon vino a chi vuole-.

Mentre il vetturale andava a controllare la verità di quella insegna, noi prendemmo del caffè che bevemmo all'aperto. I cavalli ricevettero una buona dose di biada. In mezzo a difficoltà di nuovo genere mi misi finalmente a disegnare le montagne circostanti ed il paesaggio, Il fatto è che quasi l'intera popolazione del posto mi si fece attorno a vedere che cosa stessi facendo. C'erano tre o quattro graziose ragazze con dei fazzoletti gialli in testa, e tutte volevano che facessi loro il ritratto ... Nel tempo che i cavalli furono riposati e pronti finii il mio panorama.”

Lasciamo anche noi le turiste inglesi. Il libro della turista inglese oltre che piacevole è anche molto interessante appunto per queste illustrazioni. In quei tempi le macchine fotografiche erano state appena inventate, ed il loro uso era tutt'altro che facile e conosciuto. Chi voleva portare con sé un ricordo dei paesaggi doveva ricorrere alla matita e al disegno. È quello che ha fatto Lady Edwards, lasciandoci una serie di stampe veramente deliziose.

(da “Bellunesi nel Mondo”, anno VI n. 1, gennaio 1971, p.g.c. dell'autore)

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Pubblicato il: Martedì, 26 Novembre 2019
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