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Ladinia, ladini e parlanti ladino

Quale indispensabile approfondimento culturale, per un approccio serio e meditato alla materia, integriamo la sintetica presentazione del nostro territorio visto nella prospettiva linguistica con alcune preziose considerazioni del giornalista Luigi Guglielmi. Si tratta di un estratto dall'agile manuale "I ladini del soroio. Storia, caratteri e prospettive del ladino in provincia di Belluno", di cui egli, già membro della Commissione scientifico-culturale dell'Istituto Ladin de la Dolomites, è autore. 

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Il ladino lingua delle Dolomiti Unesco

di

Luigi Guglielmi

La complessa distinzione tra ladini e gli altri parlanti ladino pone comunque il problema del rispetto delle identità etniche (intese anche in senso “esclusivo”) e dei loro simboli: in Cadore, Agordino e Zoldo si fa sporadicamente uso della bandiera ladina che nacque nel 1920 (tre bande orizzontali, dal basso verde, bianco e azzurro) e che da allora e per quasi un secolo ha identificato esclusivamente le popolazioni ladine delle terre ex austroungariche. E’ una pratica che là viene percepita come un vero abuso, un affronto. Anche l’uso del termine ladino per identificare un cadorino, un agordino o uno zoldano è considerato improprio nelle zone ex austroungariche, dove per identificare gli “altri sedicenti ladini” è diffusa la definizione (non senza sfumatura spregiativa) di neoladini.

E allora, chi sono i ladini? Solo i ladini ex tirolesi o tutti i parlanti ladino?

La difficoltà di rispondere a questa domanda, anche e soprattutto tra le popolazioni interessate, contribuisce a creare incomprensioni, rancori, divisioni, sgambetti, sprechi di risorse (non solo umane), ridotto impatto politico, visibilità limitata e confusa per il “mondo ladino”. E tutto questo proprio mentre l’area delle Dolomiti riceve una spinta verso l’unità che deriva dalla dichiarazione di Patrimonio dell’Umanità Unesco. L’area delle Dolomiti Unesco circoscrive, con notevole precisione, proprio la terra dei ladini e dei parlanti ladino. E non è un caso: ma le ragioni e la portata di questa “coincidenza” purtroppo non sembrano essere state ancora comprese, in primo luogo dalle popolazioni interessate.

La definizione di “ladini”, al di là delle valutazioni propriamente linguistiche, implica sicuramente una connotazione etnica. Coloro che comunemente e tradizionalmente vengono definiti ladini, infatti, non soltanto sono dei parlanti ladino, ma da molto tempo (più di un secolo, che non è poco) si intendono come popolo o addirittura come nazione e sostanzialmente considerano secondarie le altre definizioni etnico-geografiche che li caratterizzano: gardenesifassani, badiotti… Questi ladini ritengono di avere un territorio (patria) ben definito (la Ladìnia); hanno avuto un percorso storico comune segnato da alcuni importanti elementi unificatori (tra cui due guerre mondiali vissute in modo particolarmente drammatico, così come i due periodi post-bellici); hanno una bandiera specifica; quanto al fatto che non abbiano mai saputo far nascere una lingua ladina ufficiale, anche con funzione di “lingua tetto” rispetto alle varianti dialettali, il problema non è affatto percepito in modo grave (tant’è che gli sforzi profusi nel progetto Spell per la creazione artificiale di un “ladino standard” non hanno trovato un favore popolare di pari peso).

ladini intesi in questo senso sono quelli già riconosciuti e politicamente sostenuti dall’Impero austroungarico durante l’Ottocento. Divisi oggi dal punto di vista amministrativo in due regioni e tre province, questa separazione non mina il senso di appartenenza a una storia comune e a una stessa e diversa civiltà.

Dal punto di vista linguistico questi ladini convivono con due grosse linee di divisione interne, e vi abbiamo già accennato: l’ampezzano è infatti un dialetto schiettamente cadorino (cadorine, d’altra parte, sono le origini storiche e linguistiche di Ampezzo) mentre gli altri gruppi fanno riferimento al ladino atesino (con dubbi per il dialetto di Colle Santa Lucia, oggi di tipo “misto” ladino-veneto); l’altra marcata divisione riguarda le “lingue tetto”, che condizionano profondamente le parlate sottostanti, differenziandole progressivamente in due gruppi distinti: Badia e Gardena, sostanzialmente, hanno come punto di riferimento il tedesco, le altre valli l’italiano.

Ma oltre, ovviamente, ai suddetti ladini, in provincia di Belluno parlanti ladino sono anche le altre popolazioni i cui dialetti fin dall’Ottocento furono ritenuti in gradazioni diverse affini alle parlate ladine delle vallate austroungariche. Dal punto di vista geografico, quest’area linguistica copre tutto il Cadore con il Comelico che ne è da sempre parte integrante (è l’area del tipo ladino cadorino, famiglia di dialetti abbastanza diversa dal ladino atesino), poi l’Agordino e Zoldo (entrambe le vallate interessate da varianti “miste” ladino-venete). Dunque si può rispondere che i cadorini, gli zoldani e gli agordini sono anch’essi popolazioni parlanti ladino.

Rispetto ai ladini ex austroungarici, a fine Ottocento questi altri parlanti ladino non furono spinti a trovare né trovarono spontaneamente alcuno stimolo né ragioni oggettive per considerarsi minoranza etnica o linguistica e per valorizzare le loro parlate e nel contempo la loro cultura – che pure intanto erano oggetto dell’interesse dei linguisti – e continuarono a condividere in tutto le sorti del resto della popolazione bellunese, francamente misere sul piano economico, culturale e sul versante dell’istruzione.

In quest’area bellunese le parlate ladine si evolvono senza soluzione di continuità in un contesto di antichissima antropizzazione, dove la trafila linguistica dall’età preromana a oggi risulta ininterrotta e ben documentata, mentre nell’area del ladino atesino pare difficile far risalire a prima del Mille un incolato stabile. La coscienza etnica spontanea, non indotta, è tuttora particolarmente forte e vivace in cadore, ma non riguarda prevalentemente la “ladinità” bensì la “cadorinità” (a buon diritto, visto che i Catubrini si trovano citati già nelle due famose epigrafi di età romana rinvenute a Belluno). Tuttavia negli ultimi decenni del Novecento è cresciuta la consapevolezza popolare dell’appartenenza linguistica ladina, molti gruppi di cultura locale hanno iniziato a definirsi ladini (ladisladinsladignladin) e il concetto di ladino come nome di lingua (ladin sempre più spesso registrato nei dizionari locali) ha cominciato a diffondersi nell’intera area. E’ un fenomeno in crescita, che va a collidere con la visione consapevole, radicata e chiusa dei ladini ex austroungarici.

La varietà delle Dolomiti è stata percepita come una ricchezza dall’Unesco. Quando anche la varietà linguistica delle Dolomiti verrà promossa e tutelata come un unico vasto patrimonio?

(Questo testo riproduce integralmente l’omonimo paragrafo inserito alle pagg. 32 e seguenti del saggio “I ladini del soroio. Storia, caratteri e prospettive del ladino in provincia di Belluno”, pubblicato dall’Istituto Ladin de la Dolomites nel 2011, di cui è autore unico Luigi Guglielmi.)

Pubblicato il: Venerdì, 12 Luglio 2019 - Ultima modifica: Martedì, 17 Settembre 2019
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